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Diario di un mese con i Wagemi
di Antonio Di Lisi
Migoli Agosto 2008
Diario di un mese con i wageni (ospiti)! Ho passato questo ultimo mese in compagnia degli ospiti provenienti dall’Italia. Un gruppo molto eterogeneo e vario che ha lasciato diversi segni in me, nella vita della parrocchia e della gente.
I giorni sono stati scanditi da numerose esperienze, comunitarie e personali, che poco a poco hanno gettato le basi per una conoscenza reciproca profonda e stabile. Naturalmente ciò non è stato possibile con tutti, ma con quelli che, almeno in apparenza, da subito, si è creata una particolare simpatia, o empatia, particolare. Molti di questi volti, adesso che noi missionari siamo rimasti da soli, riecheggiano con forza nella mia mente. Ogni volta che, uscendo dalla mia stanza, passo accanto alle altre stanze (la C5, la C7, ecc…) una terribile nostalgia mia attanaglia e una sottile tristezza mi segue. Mi sembra ancora di sentire le voci dei ragazzi e delle ragazze impegnate a giocare con i bambini della missione, a fare il bucato, a chiacchierare nello spiazzo dove c’è il pozzo da dove la gente attinge all’acqua. Ho immaginato, sognato, sperato con grande forza che di questi giovani ne rimanesse almeno qualcuno. Nei loro volti ho visto davvero sete di “vita piena”, una vita spesa per l’altro e con l’altro. Nei loro volti ho visto “benedette inquietudini” interrogarli sul senso della loro vita, alla ricerca disperata della voce di un Dio che, a volte, si fa cercare tanto prima di travolgerci con il Suo immenso amore. Nei loro volti ho visto la speranza di fare scelte coraggiose ma, forse, al tempo stesso, la paura di tornare a casa ed essere riassorbiti da una società sterile. Potrei fare tanti nomi, raccontarvi delle loro storie, delle chiacchierate condivise ogni sera, ma rischierei di non riuscire a comunicarvi neanche uno spicchio della ricchezza che questi giovani mi hanno donato. Voglio portare con me indelebile il segno del calore che hanno donato al mio cuore, le emozioni che sono riusciti a trasmettermi. Ed in questo momento ancora, prego il Signore perché riempia di giovani queste stanze tutto l’anno. Ieri sera immaginavo come sarebbe diversa la vita in missione con tre dei ragazzi con cui ho condiviso questo mese. Riuscivo lucidamente a vedere come i loro carismi, o meglio quelli che io in loro vedo come carismi, si adattassero perfettamente alle esigenze nostre e delle comunità. Sto pregando molto perché il Signore mi ascolti. Forse risulterò un po’ egoista a volere proprio loro qui con me, ma la stanchezza e il peso, più o meno grave, di essere l’unico laico in missione ogni tanto si fa sentire. Proprio un giorno prima che prendessero il volo di ritorno, mi sono permesso di scrivere ad alcuni un messaggio che adesso vi riporto: “tornando nella ‘civiltà’ questo mondo vi sembrerà quasi di non averlo mai visto. In realtà, questo mondo, è fatto di persone che lottano per la quotidianità e che sono dimenticate nel silenzio”. A volte, quello che anche a noi farebbe molto piacere è essere ricordati. Spesso si soffre la mancanza di un’attenzione che forse, dall’altro lato del mondo, in Italia, non se ne ha la percezione né se ne avverte il bisogno. Mi auguro con tutto il cuore che questa mia piccola lettera aiuti voi, e me in primo luogo, ad aprire nuovi ponti di amicizia, di relazioni, o rafforzi già quelli esistenti. Io, con Cristo nel cuore e nella mente, vi auguro una “vita piena” di ogni benedizione.